lunedì 30 maggio 2011

Accuse infondate

Mi permetto di segnalare un link che può fare chiarezza a chi possa ancora avere dei dubbi su un certo argomento.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/30/ha-ragione-b-il-mondo-deve-conoscere-le-accuse/114517/

martedì 10 maggio 2011

L'Italia ripudia la guerra

Art. 11

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Sembra quindi abbastanza chiaro dalla costituzione che l'Italia si debba limitare a intervenire militarmente solo per funzioni sostanzialmente di polizia allo scopo di assicurare la pace, ma senza intervenire nelle controversie, cioè le guerre, tra le nazioni, che siano o meno nostre alleate.

Facciamo un piccolo riassunto degli interventi militari italiani fin'ora.
Si legge dal sito dell'esercito italiano (http://www.esercito.difesa.it/root/attivita/mix_atto.asp) l'elenco delle missioni ufficiali, in atto ancora oggi sono in tutto 17 di cui 11 di osservazione/delegazione di esperti e 6 con i Reparti (tra cui Iraq e Afghanistan). Ma non volendosi fermare alla situazione attuale è possibile consultare altri elenchi divisi per tipo, con particolare interesse alle missioni con i Reparti vediamo come sotto l'egida dell'ONU siano state compiute dal 1979 ad oggi 7 missioni, di cui 2 (entrambe in Libano) ancora in atto una delle quali non elencate fra quelle in svolgimento, contiamo 9 missioni in partecipazione alla NATO dal 1995 ad oggi di cui 2 in corso. Esiste anche una sezione di missioni EU di cui si contano 3 missioni dal 2003 ad oggi, proseguendo con le missioni multinazionali vediamo come sia state svolte 8 missioni dal 1982 al 2003; infine troviamo le missioni Nazionali con un solo caso dal 1991 al 1993 in Albania.
Quindi considerando le sole missioni con i Reparti, cioè con il vero e proprio esercito, pronto al combattimento, contiamo dal 1979 ad oggi un totale di 28 missioni dalla Somalia all'Iraq, dal Ciad a Timor Est. Non sono molte le missioni in chiaro contrasto con la costituzione, per le restanti rimane il dubbio su quanto sia stata effettivamente necessaria o comunque utile da un punto di vista almeno politico o diplomatico la nostra partecipazione.
Ora vorrei soffermarmi su alcune missioni dal 1990 a oggi.

Partiamo con la Guerra del Golfo del 1990. L'Italia partecipò con circa 1200 soldati a due operazioni di cui una di guerra vera e propria (Operazione Provide Comfort), sotto mandato dell'ONU, ma guidate da Stati Uniti e Arabia Saudita. Queste operazioni furono palesemente in contrasto con la costituzione in quanto, quando l'Italia intervenì, la guerra era ancora in atto, anzi fummo proprio in prima fila tra coloro che la iniziarono. Nessuno ci obbligava a partecipare, contando che con 1200 uomini, in confronto ai 600.000 degli Stati Uniti, non si può dire abbiamo fatto la differenza. E allora perché partecipare? Irlanda, Svezia e Finlandia per esempio non parteciparono. Noi avevamo la costituzione a impedircelo, perché infrangerla? Una guerra del petrolio voluta dagli Stati Uniti, ovviamente, niente di nuovo sotto il sole (perché mi pare chiaro che nessuno si sarebbe mosso per salvare la popolazione del Kuwait).

La partecipazione alla seconda Guerra contro l'Iraq è poco chiara. Sul sito dell'esercito e della difesa si sorvola su come è iniziata la guerra e si passa direttamente a parlare della situazione successiva, la pacificazione e ricostruzione o forse si dovrebbe chiamare occupazione. Perché è stato un intervento militare di occupazione comunque estraneo ai principi costituzionali in quanto il nostro contingente è in Iraq come esercito alleato agli Stati Uniti invasori. Poco importa il ruolo più o meno attivo durante le prime fasi della guerra, anche se i nostri militari non avessero sparato un solo colpo il fatto di partecipare all'occupazione del
Paese dopo un'invasione, portata oltretutto con scuse pretestuose, rimane un atto militare incostituzionale.
Se la nazione Iraq, finita la guerra, finita l'occupazione statunitense, con un governo considerato legittimo, avesse chiesto l'intervento dell'Onu o dell'Europa come aiuto alla pacificazione interna, solo allora sarebbe stato costituzionale mandare delle truppe.

Parliamo quindi della Libia.
Le relazioni italiane con la Libia hanno un trascorso storico poco chiaro e non privo di contraddizioni. I legami economici dei due Paesi passano per l'Eni, fin dalla scoperta dei primi giacimenti petroliferi, per la Fiat, con i cospiqui investimenti azionari da parte libica. Nel 1970 gli italiani residenti in Libia, ormai da 40 anni, furono scacciati e i loro possedimenti confiscati, nel 1986 la Libia ormai di Gheddafi, lanciò un missile che cadde nelle acque vicine a Lampedusa. Dopo una lettera di assicurazioni e i risarcimenti alle vittime di Lockerbie, le sanzioni economiche internazionali contro la Libia furono revocate in un documento del 2003 dove, nero su bianco, si ricorda “l’importante contributo dell’Italia ai fini del superamento dell’embargo”, i motivi del nostro interessamento si possono chiaramente immaginare.
Il trattato del 2008, sottoscritto con il dittatore Gheddafi, è bene ricordarlo, ha l'intenzione di cancellare ogni strascico dell'inimicizia del passato per istituire un vero e proprio paternariato, si sottoscrive oltretutto una clausola che impedisce di scendere in guerra una nazione contro l'altra e di permettere ad entrambe le nazioni che il proprio territorio sia utilizzato a tal fine. Tale clausola è ovviamente in contrasto con i trattati della Nato, l'alleanza con gli Stati Uniti delle cui basi abbiamo cosparso il nostro territorio nazionale. Con tale trattato l'Italia si impegnava a pagare alla Libia 250 milioni di dollari l'anno per 20 anni, senza darne alcuna motivazione,si suppone come risarcimento per il periodo coloniale. Non contenti, coloro che hanno creato e fimato questo trattato hanno anche accettato di far costruire gratuitamente 200 unità abitative, erogare borse di studio per gli studenti libici (mentre da noi si tragliano i fondi a scuola e università) nonché restituire reperti
archeologici portati in Italia durante la colonizzazione. Neanche una parola a favore degli italiani esiliati dalla Libia i cui beni furono illegamente confiscati.
Dopo questa totale follia, firmata tra gli applausi nel 2008, ci ritroviamo oggi a partecipare ai bombardamenti della Libia, in totale disprezzo sia degli accordi del 2008, risultando in tal modo un Paese del tutto inaffidabile, ma anche in disprezzo della costituzione e dei magnifici principi di pace che stabilisce, i quali ci dovrebbero impedire di essere aggressori, in un qualunque caso.
Nonostante questo i due maggiori partiti italiani hanno votato a favore dell'intervento militare.
E nonostante questa condotta interventista neanche una parola sulla situazione di sanguinosa repressione in Siria o negli altri Paesi.
Ma lì non c'è (abbastanza) petrolio.



relazione sul trattato Italia - Libia del 2008:
http://www.iai.it/pdf/Oss_Transatlantico/108.pdf

martedì 3 maggio 2011

Lo spinoso tema della religione /6

Parte terza: Che cosa non quadra

Sono molti gli aspetti del cattolicesimo davanti ai quali nascono dei forti dubbi e che la maggior
parte dei credenti, nonostante che vivano nel 21-esimo secolo e nonostante un'istruzione magari
universitaria, accettano come dogmi senza discutere.
Il primo esempio che voglio prendere è l'esistenza degli angeli. Il catechismo afferma l'esistenza
degli angeli come creature puramente spirituali, invisibili, incorporei, dotati di intelligenza e
volontà, messaggeri di Dio. Insomma sono dei fantasmi. Ora, io so che dei fantasmi, cioè degli
angeli, se ne parla anche nell'antico testamento, nell'antico testamento si scrive anche di cespugli in
fiamme che parlano e di mari che si aprono come per magia davanti al bastone del profeta di turno.
Credo che sarebbe ora di iniziare a chiamare le cose con il loro nome.
Il secondo esempio che vorrei prendere in considerazione è l'anima. Non voglio addentrarmi tra le
varie teorie religiose e filosofiche, come sempre prendo la descrizione ufficiale che ne dà la Chiesa.
L'anima spirituale è creata immortale da Dio, si separa dal corpo alla morte per unirsi nuovamente
al corpo al momento della resurrezione. Prima parlavamo dei fantasmi ora parliamo di zombie, a
questo punto mancano solo più i vampiri.
Per ultimo abbiamo il discorso sulla trinità. La trinità secondo la Chiesa è un solo Dio in tre
persone, sono un solo Dio perché ciascuna di esse è identica alla pienezza dell'unica e indivisibile
natura divina. Sono realmente distinte fra loro perché si relazionano fra di loro. Sono inseparabili
nella sostanza, unico agire divino però presente nel modo che è proprio della trinità.
Questo ragionamento non è un ragionamento, non è neanche una spiegazione né una definizione.
Cosa vuol dire che sono tre, ma uno, che sono distinti, ma uniti, che operano nello stesso modo, ma
in modi diversi. Insomma per spiegare la trinità ci si arrampica sugli specchi fino al punto da
spiegare l'inspiegabile con una serie di contraddizioni. Ma è già chiara la risposta a questo dubbio:
non si può spiegare perché è un mistero. E ai misteri si crede per fede.


Conclusioni

Dopo aver parlato dei metodi e degli scopi del cristianesimo, dopo aver sottolineato alcuni punti
chiaramente insostenibili del puro insegnamento vorrei trarne delle conclusioni. Per prima cosa non
voglio ricordare come nei millenni della storia della Chiesa ci siano stati innumerevoli episodi
(compresi molti recenti) in cui la Chiesa stessa non ha rispettato i propri insegnamenti, perché non
basterebbero anni per farne un resoconto accurato. Tutto ciò che voglio sottolineare è che, alla fine
del discorso, o si crede a tutto per fede o l'insegnamento crolla miseramente. Non è difficile capire
come si vede la religione cristiana con gli occhi di un non credente, basta cercare di spiegare ciò che
viene insegnato, ci si accorgerà inevitabilmente che molte cose, a partire dall'esistenza del male fino
alla definizione di trinità, non possono essere accettate se non come misteri e dogmi.
Vogliamo veramente affidare la nostra  vita e le nostre scelte a degli insegnamenti senza basi logiche
o empiriche? Vogliamo veramente farci guidare  da chi da una parte dice di volere l'amore e
l'uguaglianza, dall'altra definisce come peccatori, e quindi destinati all'inferno, chiunque non segue
tali prescrizioni senza dare altre spiegazioni se non poche righe fumose senza capo né coda?
Personalmente io non accetto tutto questo, non accetto di essere giudicato da un Dio che non
interviene se si necessita di lui, al quale, solo perché si dice che ci abbia creato allora dobbiamo
prostrarci umilmente (perché, anche se non l'ho scritto esplicitamente, una delle caratteristiche del
cristianesimo è l'umiltà verso Dio) e votargli tutta la nostra vita. Per i cristiani questo mio
ragionamento è blasfemo o per lo meno peccaminoso.
Però pensiamoci bene, a quale governante daremmo anche solo il nostro voto se non si fa mai
vedere, se rimane inattivo qualsiasi cosa succeda, se ci chiede fedeltà assoluta senza darci alcunché
in cambio? E se invece lo consideriamo come padre, che bell'esempio di padre, placidamente
adagiato in qualche altro piano dell'esistenza, invisibile, intoccabile, immobile e muto (alcuni
risponderebbero che è muto per me, ma “parla” con altri, io potrei quindi ricordare che cosa sono
allucinazioni e condizionamento mentale).
Io un padre così non lo vorrei. Credo nessuno lo vorrebbe.

Bibliografia

Discorsi citati nei post:
1) http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi /speeches/2008/april/documents/hf_ben-  
xvi_spe_20080418_incontro-ecumenico_it.html
2) http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi /angelus/2008/documents/hf_ben-  
xvi_ang_20080622_it.html 
Catechismo Chiesa Cattolica:
http://www.vatican.va/archive/ccc/index_it.htm
Altre informazioni e definizioni
http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale

lunedì 2 maggio 2011

Lo spinoso tema della religione /5

Parte Seconda: Ammansire

La seconda parte di questo ragionamento riguarda alcuni aspetti del credo cristiano che portano il
credente verso uno stato di illusoria felicità. Dico illusoria in quanto si basa su delle credenze e non
sulla realtà della propria vita. Ci si può ritenere felici solo perché si crede in qualcosa che
materialmente non esiste e di cui non può essere in alcun modo provata l'esistenza?
Ecco alcuni esempi riguardanti tale aspetto.

Gioia

La gioia cristiana è una sorta di euforia, un sentimento incontenibile che deriva dall'amore di Dio
verso gli uomini e che ci permette di essere buoni e fare del bene. La tristezza diviene qualcosa da
lasciarsi alle spalle perché genitrice di ira e dubbio, il martirio è addirittura un momento felice in
quanto permette di tornare a Dio. La gioia è un vero e proprio dovere cristiano in quanto chiunque
voglia progredire e comportarsi secondo i precetti deve essere colmo di questo sentimento.
Quante volte ho sentito dire: “Non essere triste, Dio ti ama” oppure “Scaccia la malinconia, Dio non
ti abbandonerà mai”. Credo sinceramente che essere triste sia un mio diritto, che sia anzi
un'esperienza rigenerante. Nei momenti di tristezza l'artista può trovare ispirazione, l'uomo comune
può cercare in se stesso con maggiore profondità che nei momenti di felicità, in effetti la tristezza è
una di quelle spinte che portano cambiamenti, certo per non essere più infelice, che è però una cosa
impossibile. Non è forse vero che la felicità, la serenità è immobilismo? Che motivi di cambiamento
si possono avere quando si sta bene e tutto sembra andare per il verso giusto? La vera spinta per
migliorarsi si trova nei momenti bui, quando ci si sente soli e perduti, cancellare questi momenti
preziosi lasciandosi trasportare automaticamente dall'euforica gioia cristiana è un incontestabile
sciupio che in effetti ci impoverisce.
Inoltre questa “gioia cristiana”, la gioia per fede, la gioia a tutti i costi rende ottusi e ciechi, il
dubbio, generato da quella tristezza tanto denigrata, è sintomo di intelligenza, solo gli stolti sono
sempre felici.

Timore

Il timore di Dio, secondo le parole del Papa dell'Angelus del 22 Giugno 2008,  è descritto nelle
Scritture come “il principio della vera sapienza” coincide con la fede in Lui, con il sacro rispetto
della Sua autorità sulla vita e sul mondo. Essere “senza timore di Dio” equivale a mettersi al suo
posto, a sentirsi padroni del bene e del male, della vita e della morte. Chi teme Dio è tranquillo
anche in mezzo alla tempesta, chi lo ama non ha paura. Il credente dunque non si spaventa dinanzi a
nulla, perché sa di essere nelle mani di Dio.Dunque chi non teme Dio vuole mettersi al suo posto (da dove si arrivi a questa conclusione non si sa, ma sono sicuro che ci sono centinaia di frasi già pronte per rispondere a questa domanda) e perciò è da ritenersi un blasfemo e un peccatore dei peggiori in quanto pecca di superbia. Chi invece teme Dio, cioè tutti i credenti, non ha paura di nulla perché sa che il Signore è dalla propria parte.
Questo è lo stile classico, se non credi sei un reietto se credi non devi pensare a nulla, basta seguire
le regole e tutto andrà bene. Meraviglioso, peccato che tutto ciò, ancora una volta, sia un metodo
subdolo per inibire le azioni umane più dirette e sentite. Chi si ribella se non ha paura? Chi
rivoluziona la propria vita verso un nuovo inizio se non ha paura? La paura è uno sei sentimenti
umani più forti e importanti, eliminarla significa togliere la spinta vitale che porta l'uomo a prendere
decisioni nei momenti di maggiore urgenza.
In particolare qui la paura è addirittura demonizzata in quanto se hai paura non temi Dio e quindi
vuoi metterti al suo posto, diventando un superbo e quindi un peccatore con la conseguente dovuta
riconciliazione alla Chiesa tramite la penitenza. E tutto ciò solo per aver avuto paura.

domenica 1 maggio 2011

Lo spinoso tema della religione /4

L'inferno

L'inferno esiste ed è la Chiesa che ne afferma l'esistenza, non dice che Dio perdona tutti e che,
anche se esiste, non ci va mai nessuno, dice invece che esiste e che chi muore in peccato mortale va
all'inferno, senza appelli o altre scappatoie.
Per prima cosa voglio ricordare che Gesù parla della Geena, del fuoco inestinguibile dove perisce
sia l'anima (di cui parlerò) che il corpo di chi non crede e non si converte. Del resto chi crede sa che
andrà all'inferno se non si converte, quindi non si capisce perché non dovrebbe convertirsi.
La Chiesa afferma l'esistenza dell'inferno eterno. La pena dell'inferno è l'eterna separazione da Dio
dal quale l'uomo è stato creato e al quale l'uomo aspira. E' necessario rimanere sempre vigili perché
non si sa quando verrà l'ora, da notare l'avvertimento in stile mafioso per far rigare tutti dritto.

Dogmi e Misteri

L'inspiegabile diventa un dogma. Come fa la vergine Maria a essere sempre vergine, immacolata
concezione etc? Dogma. Qual é il progetto di Dio, perché esiste il male? Mistero. Come fa Dio ad
avere un figlio e uno spirito che manda qua e là a paicere e a continuare ad essere ugualmente una
sola indivisibile divinità? Dogma.
Ecco che qua entra prepotentemente in gioco la questione fede, bisogna credere a tutto questo
perché è un dogma che fa parte del cristianesimo ed essendone parte bisogna crederci. Ma come si
fa a credere a cose tanto illogiche? Se hai fede ci credi, ma cos'è la fede? Durante la messa mi
veniva insegnato che la fede è un dono di Dio che solo chi vive lontano da Dio (quindi nel peccato)
non possiede. Quindi se non credi in cose illogiche come i dogmi sei di conseguenza qualcuno di
cui diffidare perché peccatore, peggio, un peccatore senza fede.
Come scrivevo qualche riga fa: perché esiste il male? Perché Dio permette il male? Mistero.
Secondo il catechismo l'esistenza del male è una questione tanto dolorosa quanto misteriosa, alla
quale risponde la fede nel suo insieme. Dio non è in alcun modo la causa del male. Egli illumina il
mistero del male con Gesù morto e risorto, sacrificato per vincere il grande male morale che è il
peccato umano (cioè gli uomini sono la cause del male, Dio per fermarci ha persino sacrificato suo
figlio, non che ci sia riuscito, nonostante l'onnipotenza).
A proposito del fatto che Dio permette il male si dice che c'è certezza per fede che Dio non
permetterebbe il male se dal male non si traesse un bene, con l'esempio ovvio del sacrificio del
figlio e non dice altro. Quindi la Chiesa non sa dare risposta se non che è un mistero.
Quindi se esiste il male è colpa degli uomini e che Dio lo permetta è un mistero, si dice anche,
altrove, che Dio non interferisce nella vita dell'uomo per concedergli la dignità della scelta. Quindi
se Dio esistesse, non farebbe nulla per evitare il male con motivi misteriosi, se non esistesse non
farebbe ovviamente alcunché se non che un Dio inesistente almeno non tormenta con i vari peccati
e la minaccia dell'inferno, che, come abbiamo visto, è parte integrante del credo cristiano.

sabato 30 aprile 2011

Lo spinoso tema della religione /3

Il Peccato

In tutte le religioni in cui è presente, il peccato è un atto religiosamente illecito che può attirare sul
peccatore o sulla comunità dei malefìci, quindi è richiesta un'espiazione, nel caso del cristianesimo,
la confessione. Ma quali sono le regole infrante le quali si va contro il volere divino? Per prima cosa
abbiamo i 10 Comandamenti. Voglio sottolineare  che la traduzione letterale dal greco déka lògous è
“dieci parole”, chiaramente a chiamarli parole, frasi o suggerimenti non se ne cambia la sostanza.
Quale che sia la versione (ce ne sono diverse a seconda dei libri della bibbia che si vogliono
consultare) sono frasi che non lasciano spazio a 'ma' o 'forse':
1) IO sono il signore tuo Dio
2) NON avrai altro Dio all'infuori di me
etc.

A parte diversi modi di esprimersi, il significato non cambia tanto in Esodo 20,2-17 che in
Deuteronomio 5,6-21. Nella versione ebraica più letterale si insiste maggiormente sulla fuga
dall'Egitto o sul divieto di tenere immagini di altre divinità, parti a quanto pare ritenute non
importanti nelle traduzioni successive.
La versione catechetica inizia con:
    1) Non avrai altro Dio fuori di me
    2) Non nominare il nome di Dio invano.

Come si può notare chiamare questi enunciati 'parole' non influisce minimamente sul reale intento:
dare ordini. Chiamarli “Comandamenti” è decisamente meno fuorviante.
Come tutti sappiamo i “Dieci Comandamenti” sono parte integrante del cristianesimo. Ma quali
altre regole, se infrante, possono mettere l'uomo in condizione di peccato?
Intanto tutti gli uomini nascono peccatori in quanto portano sulle loro spalle il peso del peccato
originale, come dire che se mio padre commettesse un omicidio, dovrei essere io a subirne la
condanna e la pena...Ma esiste un semplice rimedio: il battesimo.
Il battesimo è un sacramento che è imposto a coloro che vogliono diventare cristiani, anche a chi
non sa nemmeno cosa sia il cristianesimo, infatti i bambini, per definizione innocenti, sono portati
dagli stessi genitori al battesimale, perché?
Mediante il battesimo si è liberati dal peccato originale e rigenerati come figli di Dio, incorporati
nella Chiesa e resi partecipi alla sua missione. Senza tale rito o comunque senza la rinascita
dall'acqua e dallo spirito nessuno può entrare nel regno di Dio, questo è ciò che dice il catechismo
ufficiale. Ecco che si spiega l'urgenza di battezzare anche gli infanti. Per i cristiani i bambini
nascono innocenti, ma non abbastanza, oltretutto ci si ritrova ancora in tenera età che, senza volerlo,
si fa già parte di una organizzazione religiosa di dimensione planetaria, senza che nessuno ce lo
abbia chiesto.
Una volta che si è stati battezzati e si rispettano i dieci comandamenti possiamo ancora cadere nello
stato di peccato? Certo, infatti esistono anche i peccati capitali, i vizi mortali, sono chiamati in molti
modi anche a seconda dell'epoca. Essi sono: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e accidia.
Buona parte di ciò che rende l'uomo Uomo e non “divinità perfetta” è qui elencato. L'uomo è
iracondo, invidioso, pigro e dedito al piacere. E cosa c'è di male finché almeno non si infrange la
legge?
Facciamo alcuni esempi.
Lussuria, descritta come la dedizione al piacere. Ci sono stati tempi in cui il dedicarsi ai piaceri era
una forma d'arte, il dandismo per esempio, che ci ha dato uno degli artisti più grandi della
letteratura e del teatro: Oscar Wilde. Da quanto ne sappiamo e da quanto è arrivato fino ad oggi egli
era un uomo buono, troppo buono, tanto da finire in galera (e morirne per le conseguenze) per
proteggere la persona che amava, nonostante i suoi enormi difetti (Lord Alfred Douglas). Eppure
egli fece della sua vita una vera opera d'arte, lavorando a ciò che più lo divertiva, il teatro, e senza
mai disdegnare lussi e ogni genere di piaceri. Fu dedito al piacere.
Un altro grande uomo, William Blake, disse: “The path of excess leads to the palace of wisdom” e
gli eccessi non sono certo perseguiti perché spiacevoli, eppure hanno motivo di esistere nella
crescita di un essere umano verso più alti livelli di consapevolezza e quindi saggezza.
Un altro esempio è l'Ira. L'Ira è la rabbia, una rabbia eccessiva, ma come si misura la rabbia?
Quando diventa eccessiva? E' eccessiva la rabbia che porta a picchiare la propria moglie?
Ovviamente, siamo tutti d'accordo, quanto deve essere grande invece la rabbia, l'ira di un popolo
oppresso a cui rimane solo questo sentimento per potersi ribellare e cercare la libertà e la giustizia?
Deve indubbiamente essere immensamente più grande. Non è forse giusto cercare libertà e
giustizia? Allora la rabbia può essere il sentimento che unisce le persone verso un obiettivo grande e
giusto, ma è anche un sentimento in genere demonizzato dalla religione cristiana.
A questo punto si impone una nuova domanda: anche se si cade in peccato, perché non fare
semplicemente spallucce e continuare con la vita di sempre? Perché al cristiano è stato innestato il
senso di colpa che è il fine ultimo dell'invenzione del peccato. La colpa, la coscienza, è uno
strumento estremamente potente. All'inizio, quando si è ancora bambini, il senso di colpa per aver
commesso peccato è facilmente associato a quello per aver disobbedito ai genitori, tanto che Dio è
detto Dio padre, per esempio. Poi, tramite il catechismo e le messe, il peccato diventa un offesa
verso Dio (non che prima non lo fosse, chiaramente), verso quel “Dio buono” che ha sacrificato il
proprio figlio per liberarci dai nostri peccati etc etc. Se non si rispettano le volontà di un Dio così
buono come si può avere ancora stima per sé stessi? Il catechismo dice che, parlando della
confessione, coloro che si accostano al sacramento della penitenza ricevono dalla misericordia di
Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa alla quale hanno inflitto
un ferita col peccato.
Ci sarebbe anche da dire però che il sacrificio del figlio di Dio si é rivelato un evidente fallimento;
infatti serve ancora il battesimo contro il peccato originale e la confessione per i peccati
“quotidiani”.
Del resto la Chiesa non si aspetta che tutti siano dei credenti modello, basta che credano, è infatti
previsto il pentimento in punto di morte, che, se sincero, è prova di conversione e redime l'uomo dai
propri peccati, compresi quelli capitali. Ma cosa succede se si muore in peccato mortale (o capitale)
senza avere alcuna intenzione di pentirsi?

venerdì 29 aprile 2011

La spinoso tema della religione /2

Una Religione Fai-da-te

Quando si parla della religione cristiana non la si può intendere come un insieme delle regole che
più ci piacciono e che riteniamo ragionevoli o giuste, per parlare della religione cristiana si deve
tenere in considerazione ogni aspetto. Questa regola di base, che disconosce ogni sottoinsieme di
regole come descrizione della cristianità, è stata enunciata del Papa attuale, Benedetto XVI, durante
un discorso tenuto nel 18 Aprile 2008 negli USA di cui sotto riporto un estratto, senza averne
omesso parti significative:

(...) Questo non significa, tuttavia, che il “conoscibile” sia limitato a ciò che è empiricamente
verificabile, né che la religione sia confinata al regno mutevole della ”esperienza personale”.
L’accettazione di questa erronea linea di pensiero porterebbe i Cristiani a concludere che nella
presentazione della fede cristiana non è necessario sottolineare la verità oggettiva, perché non si
deve che seguire la propria coscienza e scegliere quella  comunità che meglio incontra i propri gusti
personali. (...) Soltanto “restando saldi” all’insegnamento sicuro (cfr 2 Ts 2, 15)  (...) daremo una
testimonianza ferma alla verità del Vangelo e al  suo insegnamento morale. (...)

Tale premessa é di base per la continuazione di questo ragionamento.

Parte Prima: Controllare

Dopo una vita passata sotto l'ala della Chiesa, dopo il catechismo e i vari sacramenti, dopo essermi
informato indipendentemente nel corso degli ultimi anni, sono arrivato alla conclusione che, ben
nascosto sotto un insegnamento che sembra inneggiare alla virtù e alla giustizia, si nascondono due
scopi. Il primo, che è ciò di cui parlerò in questa sezione, è il “controllo”.
Controllo in che senso. Il controllo delle nostre azioni mediante un condizionamento
comportamentale così esteso da essere, da secoli e per milioni di uomini, un'identità sociale se non
addirittura un'intera cultura. Come avviene tutto questo, come mai sentiamo che certe azioni sono
tanto sbagliate da etichettare come “cattiva persona” colui che le compie, anche se di per sé non
nuocciono ad alcuno? Il primo esempio che mi viene in mente sono le “coppie di fatto”, oppure
l'omosessualità, motivo di persecuzione ancora oggi, nel 2011, anche nel nostro Paese. Non
proviamo poi a parlare di matrimoni fra persone dello stesso sesso, perché il solo accennarne
sembra un'orribile blasfemia.