Parte Seconda: Ammansire
La seconda parte di questo ragionamento riguarda alcuni aspetti del credo cristiano che portano il
credente verso uno stato di illusoria felicità. Dico illusoria in quanto si basa su delle credenze e non
sulla realtà della propria vita. Ci si può ritenere felici solo perché si crede in qualcosa che
materialmente non esiste e di cui non può essere in alcun modo provata l'esistenza?
Ecco alcuni esempi riguardanti tale aspetto.
Gioia
La gioia cristiana è una sorta di euforia, un sentimento incontenibile che deriva dall'amore di Dio
verso gli uomini e che ci permette di essere buoni e fare del bene. La tristezza diviene qualcosa da
lasciarsi alle spalle perché genitrice di ira e dubbio, il martirio è addirittura un momento felice in
quanto permette di tornare a Dio. La gioia è un vero e proprio dovere cristiano in quanto chiunque
voglia progredire e comportarsi secondo i precetti deve essere colmo di questo sentimento.
Quante volte ho sentito dire: “Non essere triste, Dio ti ama” oppure “Scaccia la malinconia, Dio non
ti abbandonerà mai”. Credo sinceramente che essere triste sia un mio diritto, che sia anzi
un'esperienza rigenerante. Nei momenti di tristezza l'artista può trovare ispirazione, l'uomo comune
può cercare in se stesso con maggiore profondità che nei momenti di felicità, in effetti la tristezza è
una di quelle spinte che portano cambiamenti, certo per non essere più infelice, che è però una cosa
impossibile. Non è forse vero che la felicità, la serenità è immobilismo? Che motivi di cambiamento
si possono avere quando si sta bene e tutto sembra andare per il verso giusto? La vera spinta per
migliorarsi si trova nei momenti bui, quando ci si sente soli e perduti, cancellare questi momenti
preziosi lasciandosi trasportare automaticamente dall'euforica gioia cristiana è un incontestabile
sciupio che in effetti ci impoverisce.
Inoltre questa “gioia cristiana”, la gioia per fede, la gioia a tutti i costi rende ottusi e ciechi, il
dubbio, generato da quella tristezza tanto denigrata, è sintomo di intelligenza, solo gli stolti sono
sempre felici.
Timore
Il timore di Dio, secondo le parole del Papa dell'Angelus del 22 Giugno 2008, è descritto nelle
Scritture come “il principio della vera sapienza” coincide con la fede in Lui, con il sacro rispetto
della Sua autorità sulla vita e sul mondo. Essere “senza timore di Dio” equivale a mettersi al suo
posto, a sentirsi padroni del bene e del male, della vita e della morte. Chi teme Dio è tranquillo
anche in mezzo alla tempesta, chi lo ama non ha paura. Il credente dunque non si spaventa dinanzi a
nulla, perché sa di essere nelle mani di Dio.Dunque chi non teme Dio vuole mettersi al suo posto (da dove si arrivi a questa conclusione non si sa, ma sono sicuro che ci sono centinaia di frasi già pronte per rispondere a questa domanda) e perciò è da ritenersi un blasfemo e un peccatore dei peggiori in quanto pecca di superbia. Chi invece teme Dio, cioè tutti i credenti, non ha paura di nulla perché sa che il Signore è dalla propria parte.
Questo è lo stile classico, se non credi sei un reietto se credi non devi pensare a nulla, basta seguire
le regole e tutto andrà bene. Meraviglioso, peccato che tutto ciò, ancora una volta, sia un metodo
subdolo per inibire le azioni umane più dirette e sentite. Chi si ribella se non ha paura? Chi
rivoluziona la propria vita verso un nuovo inizio se non ha paura? La paura è uno sei sentimenti
umani più forti e importanti, eliminarla significa togliere la spinta vitale che porta l'uomo a prendere
decisioni nei momenti di maggiore urgenza.
In particolare qui la paura è addirittura demonizzata in quanto se hai paura non temi Dio e quindi
vuoi metterti al suo posto, diventando un superbo e quindi un peccatore con la conseguente dovuta
riconciliazione alla Chiesa tramite la penitenza. E tutto ciò solo per aver avuto paura.
Ciao, ho letto i tuoi primi post e mi sembrano ben scritti. Gestisco un portale di approfondimenti, dove chiunque può scrivere le sue opinioni su qualsiasi argomento.
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